R+C architetti nasce come effettivo sodalizio professionale solo nel 2007, ma trova le sue premesse negli anni precedenti all'interno dei Laboratori di Progettazione Architettonica della Facoltà di Architettura dell'università di Firenze, dove Andrea Ricci, già ricercatore in composizione architettonica, ed Andrea Cavicchioli, cultore della materia dopo la laurea, hanno avuto modo di formare ed indirizzare i propri intenti di ricerca attraverso la costruzione di una riconoscibile identità culturale comune.

All'interno del laboratorio convivono e si integrano le diverse intelligenze capaci di dare le risposte più opportune ai tanti aspetti del progetto nella realtà contemporanea: da un lato l'invenzione figurativa non può rinunciare alla manualità sapiente del disegno che, come in un antica bottega artigiana, sottende il formarsi del pensiero dell'artefice, dall'altro la complessità in continua evoluzione della gestione normativa e tecnologica del progetto richiede l'uso qualificato ed il costante aggiornamento e delle conoscenze tecniche e degli strumenti per attuarle.
R+C architetti offre questo duplice aspetto attraverso una struttura organizzativa "aperta", flessibile ed efficiente, potendo in ogni eventualità estendere le sue potenzialità di lavoro attraverso un rete di collaboratori qualificati, formati attraverso  comuni esperienze universitarie ed oggi inseriti in diverse realtà italiane, così come attraverso rapporti ormai continuativi e consolidati con studi e strutture operative accumunate dalla stessa filosofia di intenti.

Filosofia
Dal continuo confronto tra la ricerca sulla teoria della materia compositiva e la pratica operativa nel campo della professione, riscoperta nell'autentica dimensione conoscitiva di un "mestiere" che sente il bisogno di interrogarsi sulle ragioni profonde del proprio fare, matura la scelta verso un'architettura capace di superare il semplice aspetto "produttivo" dell'oggetto edilizio, conforme alle normative ed adatto a soddisfare esigenze meramente funzionali e tecnologiche. Il progetto può in tale ottica perseguire un'eccellenza qualitativa non limitata ai soli aspetti tecnico burocratici o alla banale logica della immagine finale; ma al contrario si sviluppa come prodotto di un sistema complesso di relazioni, rimandi, reciprocità con il territorio di riferimento, concepito più per dar forma al luogo che per costruire singoli edifici. La questione che si pone non è certo quella di teorizzare la negazione o l'inutilità del "confezionamento formale" inteso come manipolazione finale dell'immagine, ma semplicemente quella di sottrarre tale fase di progetto all'aleatorietà ed al capriccio di fattori esterni all'architettura, proiettandola all'interno di un ordine superiore di necessità che trae legittimità dalla propria interna rete di premesse logiche e scelte coerenti. Si tratta in ultima analisi di trasferire il campo di esistenza ed operatività del progetto di architettura dalla percezione estetica del possibile (entro i vincoli imposti da normativa, tecnologia, economia, stile), alla dimensione etica del necessario.